Breve presentazione dell’archivio parrocchiale
Il complesso documentario, formatosi a partire dalla fine del XVI secolo, conserva testimonianze dell’anagrafe sacramentale, dell’amministrazione parrocchiale e di altri aspetti della vita comunitaria.
Le carte permettono di ricostruire la vita di ogni parrocchiano ritrovandone la nascita, il matrimonio e la morte. Spesso emergono altre notizie: la professione, l’appartenenza a una confraternita o il contributo per un’esigenza della comunità.
Ciascun nucleo familiare può essere seguito nella sua evoluzione grazie agli “stati delle anime”: una sorta di censimento compilato dal parroco in occasione della benedizione delle famiglie. Sono registrati i nuovi nati, i defunti e quanti si sono allontanati da Pedemonte dopo il matrimonio o per andare a lavorare altrove, a Genova o, addirittura, in America.
Una buona parte dei documenti è costituita dalla contabilità parrocchiale: annotazioni precise di entrate (soprattutto offerte) e uscite (lavori e necessità varie) e anche un gran numero di ricevute prevalentemente degli operatori commerciali e degli artigiani della zona e non solo.
Storie di persone, ma non solo. L’organo Mascioni del 1911, recentemente restaurato, ha fra le carte archivistiche la sua vicenda completa; dal primo accenno in una riunione di Fabbricceria nel 1909, al suo arrivo in ferrovia del 1911, fino alla solenne inaugurazione in occasione della festa dell’Annunciazione con il collaudo da parte del maestro Giuseppe Conte.
Naturalmente un posto di rilievo occupano le ricorrenze liturgiche con i preparativi, i verbali delle assemblee e l’elenco delle spese. Tutto per rendere ricco d’intensità ogni evento, dalle feste dedicate alla Vergine a quella, sempre in grande, di san Rocco.
Spesso in un unico registro si trovano annotate varie tipologie di informazioni per esempio il nome dei cresimati con la contabilità…. Un disordine oggi inconcepibile ma frutto della necessità di risparmiare carta.
Necessità di risparmio che ricorre spesso nella quotidianità parrocchiale caratterizzata da commovente miseria, come nota don Gaetano Castello scrivendo nel 1816 l’inventario dei beni della chiesa della Santissima Annunziata.
Il sacedote, agli esordi del suo servizio a Pedemonte, dove resterà fino alla morte avvenuta nel 1865, vede la sua nuova parrocchia come sposa “misera, desolata, sprovveduta e derelitta” ma “cara perché data da Dio”.
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